compiti scuola 150x150Sempre più spesso, negli ultimi tempi, mi capita di accogliere genitori che chiedono per il proprio figlio/a una figura di affiancamento nello svolgimento dei compiti per casa. Richiedono una presenza costante e professionale per più ore al pomeriggio. Allora, come sono abituata, faccio alcune domande, come per esempio quali possano essere le difficoltà o in quale materia bisognerebbe concentrarsi per recuperare, ma con mia sorpresa mi sento rispondere: “No, mio figlio non ha particolari problemi, è piuttosto bravo e le maestre sono contente”.

La cosa mi è sembrata paradossale ho fatto qualche indagine e ho scoperto che oggi moltissimi bambini sono seguiti, o dai genitori o, da altre persone competenti. Purtroppo, capita che il destino dei genitori sia quello di diventare dei sostituti maestri (smarrendo a volte il ruolo genitoriale) o di dover fare non pochi sacrifici economici per assumere un professionista (quest'ultimo anche difficile da trovare, visto che deve essere preparato in tutte le materie). Ma perchè bambini normodotati hanno tutto questo bisogno di sostegno? La cosa non sembra, se ci pensate bene, un po' inquietante? E quali poterebbero essere le cause?. Forse la risposta sta nel tipo di scuola che si sta portando avanti. Essa, ne sono sempre più convinta, non è più a misura di bambino, nemmeno di quello "bravo". Prendiamo per esempio l'uso del diario su cui si scrivono le consegne per casa. Un tempo, ricordo, la maestra assegnava i compiti il mattino per il pomeriggio e quindi bastava annotare sul giorno stesso che cosa bisognava fare per quello dopo. Era semplice! Oggi il diario è una vera e propria agenda dove si annotano le cose da fare sul giorno in cui vanno presentate. Ciò implica che il bambino, per destreggiarsi nei suoi impegni, debba avere una percezione del tempo pari a quella dell'adulto, che sa organizzarle le giornate prevedendo non solo quelle successive, ma anche quelle dell'intera settimana. Capite bene, che molti bambini, per fare questo, hanno bisogno di qualcuno che faccia loro da guida. E fin qui, non sarebbe nemmeno un compito troppo arduo da affrontare per un genitore. Il difficile arriva quando il bambino non riesce a svolgere alcune delle consegne perchè non ha capito qualcosa, o quando è stanco e non riesce più a concentrarsi dopo ore che sta sui quaderni, o quando si trova ad affrontare argomenti quasi nuovi, su cui però già deve lavorare. A volte capita addirittura che, per finire i programmi didattici, alcuni insegnanti diano per casa esercizi su temi non ancora affrontati in classe. Così capita che siano gli stessi maestri che invitano molte volte le famiglie a seguire i figli nel pomeriggio. Ma non è come ammettere il proprio fallimento?.

Dunque? Dunque a mio parere il disagio nasce dal non tener conto che un bambino non è un adulto, che ha tempi di concentrazione più brevi, una diversa percezione del tempo, che ha bisogno di starsene libero per un po' per poter fantasticare, correre, giocare, e stare con la mamma e il papà (non con i sostituti dei maestri). I bambini maturano secondo stadi precisi che non si possono saltare. Mi è capitato, invece, di spiegare ad una bambina di 9 anni il concetto di carica energetica di un atomo e che cosa fosse un elettrone, e ciò è stato particolarmente difficile se non impossibile, perchè a quell'età i bambini non hanno ancora la capacità di astrazione sufficiente e nemmeno un pensiero scientifico, che si basa su logiche complesse. E' davvero necessario sapere a 9 anni che cosa è un elettrone, visto che poi lo si imparerà alle medie e di sicuro alle superiori? Come si può pensare che un bambino acquisisca questi concetti da solo, dopo una rapida spiegazione in classe? Evidentemente si da per scontato che qualcuno a casa se ne prenderà carico! Mi verrebbe da dire, quindi, che forse bisognerebbe ripensare al significato di "compiti per casa", affinchè essi non diventino una piccola tortura giornaliera a cui si sottopongono bambini e genitori. I compiti, infatti, dovrebbero essere un esercizio che serve al bambino per consolidare competenze già acquisite quasi completamente in classe. In questo modo avrebbe la possibilità di sperimentare esperienze di successo che lo condurrebbero pian piano a sviluppare un giusto senso di autoefficacia e di conseguenza una buona motivazione intrinseca. La motivazione intrinseca, a sua volta lo spingerebbe a fare sempre più spesso tentativi spontanei di apprendimento, per il gusto stesso di imparare qualcosa e di mettersi alla prova. Questo dovrebbe essere lo spirito della scuola: dovrebbe invogliare alla scoperta e alla ricerca autonoma. Un bambino dai 6 ai 10 anni non dovrebbe vivere la scuola come un dovere da adulto, ma come un momento quotidiano, sì, di impegno, ma anche di sperimentazione personale e, perchè no, di divertimento costruttivo. Affinchè imparare diventi diventare un piacere altrimenti, il bambino non sarà stimolato in futuro ad imparare null'altro oltre a ciò che è strettamente necessario a non deludere genitori ed insegnanti, provando sempre un gran senso di fatica.

Che può fare, quindi, un genitore? Prima di tutto non dovrebbe mai dimenticare il proprio ruolo di genitore. Perciò deve seguire il bambino nella scuola, ma con discrezione, per esempio limitandosi a guidarlo nell'organizzazione, spiegandogli qualche argomento particolare o interrogandolo alla sera sullo studio del pomeriggio. Qualora questo non fosse sufficiente e gli insegnanti lamentassero dei problemi, prima di mettersi al tavolo con lui sarebbe meglio chiedere di preciso quali siano le difficoltà e se esse siano state o meno valutate con attenzione. Come genitore posso accontentarmi di sentir dire, "Eh, suo figlio non riesce a fare i compiti", oppure "Ha un po' di problemi con lo scritto"...Infatti, bisogna sapere esattamente quale è il disagio per poterlo aggiustare. Bisogna quindi chiedere: "Perchè non fa i compiti?", "In che cosa nello scritto fa fatica? Nell'ortografia, nella produzione...?". Badate bene che esistono in commercio moltissimi test utili ad una chiara valutazione dei livelli di apprendimento e delle cause che possono portare ad una disaffezione verso la  scuola, che possono essere usati, non solo da psicologi, ma anche dagli insegnati. Perciò queste informazioni un genitore dovrebbe pretenderle. Nessuno può risolvere i problemi, infatti, senza i dati di partenza. Una volta fatta una buona valutazione sarà, quindi, possibile costruire con gli insegnanti un progetto di recupero o di sostegno su misura, in modo tale che, in un tempo ragionevole, il bambino torni ad essere autonomo. Un'altra cosa che un genitore non deve accettare è quella del sentirsi dire dal maestro/a: "Ma io non posso fare differenze!". Questa è una credenza sbagliata, o, purtroppo, a volte, una scusa. Diversificare ed individualizzare i livelli dei programmi o dei compiti per casa è, infatti, la direzione che una scuola moderna dovrebbe prendere. Questa è l'unica soluzione per non far annoiare gli alunni più bravi, per non vessare quelli che rimangono indietro, e per riuscire a portare tutti con soddisfazione alla fine di un percorso di apprendimento e di maturazione. Facciamo un esempio. Una ditta carico/scarico merci deve assumere due dipendenti, un impiegato e uno addetto al trasporto dei carichi. Si presentano due uomini. Uno migherlino e uno robusto, ben piantato. A quale affidereste il ruolo di impiegato? E a quale quello del trasporto?. Di certo non farete alzare pesi tutto il giorno a quello smilzo, se ci tenete alla sua salute, ma darete il compito a quello più robusto, che lo farà anche con più soddisfazione ed efficienza. La stessa cosa con i bambini. Non si possono assegnare compiti che vanno oltre le loro capacità, perchè gli rovinereste la salute (per lo meno psicologica), ma nemmeno si può pensare che un bambino particolarmente sveglio, dorma su argomenti che per lui sono già banali, perchè anche a lui rovinereste la salute, rendendolo apatico o irrequieto. Non è poi un pensiero così assurdo, no?.

Perciò, genitori, prima di rovinare per anni l'atmosfera familiare o rinunciare alle ferie per pagare un professionista, cercate prima di fare il possibile collaborando con le insegnanti e spingendole verso le loro responsabilità valutative e progettuali, che magari in buona fede nemmeno contemplano, così prese come sono dalle pressioni "quantitative" dei programmi didattici. Oppure se, proprio, avete bisogno di aiuto, cercate una figura che sappia valutare la situazione, che possa lavorare alla pari con gli insegnanti e che stili un progetto, in modo che nel giro di qualche mese o anno (nei casi più complicati) la situazione si risolva. Non accontentatevi, quindi, di superare giorno per giorno l'emergenza compiti, anzi, a volte, è meglio non farli i compiti per salvaguardare la salute del bambino e la vostra. Meglio, invece, fare qualcosa d'altro che potenzi le abilità necessarie ad affrontare in autonomia il lavoro a casa. E questa è una delle cose più difficili che mi trovo a dover proporre, perchè nè i genitori, nè gli insegnanti sembrano volerla accattare (anche se la capiscono bene). Forse per il motivo che richiede un forte cambiamento nelle dinamiche comportamentali abituali e anche un impegno non indifferente di ricerca. Però non è sempre meglio fare un piccolo sacrificio all'inizio che lasciarsi trascinare dalla situazione, fino a che questa diventi quasi irrisolvibile?.