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Psicoterapia

Il mio approccio terapeutico

I giochi psicologici

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Psicologia

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Coinvolgere la famiglia

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Quando un bambino inizia un percorso di psicoterapia, un ruolo importante lo rivestono anche gli adulti di riferimento. In primo luogo i genitori, ma possono avere una grande importanza anche i nonni e gli insegnati, o altri adulti che hanno un impatto significativo sulla vita del minore. Questo perché il bambino è inserito in un sistema familiare, dove le dinamiche relazionali, le modalità comunicative e i modelli comportamentali giocano un ruolo cruciale nel suo sviluppo. Lavorare solo con il bambino significherebbe intervenire solo su una parte del problema, trascurando le dinamiche familiari che spesso sono alla radice delle difficoltà.

Coinvolgere i genitori attivamente nella terapia permette loro di acquisire strumenti e competenze per sostenere il bambino nel cambiamento, nonchè per modificare le dinamiche familiari disfunzionali,  generalizzando anche a casa e in altri contesti ciò che il bambino impara in terapia.

La psicoterapia infantile può essere un'esperienza emotivamente impegnativa per i genitori, ma lavorare con un professionista permette anche a loro di elaborare le proprie emozioni, di comprendere meglio le difficoltà del bambino e di trovare il sostegno necessario per affrontare questo percorso.

Per tutti questi motivi, prima di incontrare in terapia “un piccolo cliente”, sono solita incontrare i genitori, per raccogliere dati, informazioni, impressioni, un’attenta anamnesi familiare e, durante il percorso di terapia del minore, proporre colloqui di consulenza e sostegno alla genitorialità. 

Le principali tecniche terapeutiche

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Nella terapia con i bambini, sicuramente la tecnica elettiva è il gioco. Il gioco è il linguaggio naturale per loro, attraverso cui il terapeuta può osservare i comportamenti, le emozioni e le modalità di interazione. Il gioco terapeutico permette al bambino di esprimere liberamente i propri vissuti, di elaborare esperienze difficili e di sviluppare nuove abilità.

Un altro metodo per favorire l’espressione di sé è il disegno: tecnica non verbale che si può utilizzare dall’età infantile fino a quella adulta. Accanto al disegno c’è anche la sua controparte verbale: la narrazione. Raccontare storie è un modo efficace per stimolare l'immaginazione del bambino e per favorire l'identificazione con i personaggi. Attraverso le storie, il terapeuta può affrontare temi importanti come la paura, la rabbia, la perdita e l'amicizia.

Altre tecniche utili sono:

  • Il role-playing: Il role-playing consiste nel simulare situazioni reali o immaginarie. Questa tecnica permette al bambino di sperimentare diversi ruoli e di acquisire nuove competenze sociali.
  • La ristrutturazione cognitiva: La ristrutturazione cognitiva consiste nell'aiutare il bambino a riconoscere e a modificare i pensieri negativi che influenzano il suo comportamento e le sue emozioni.

È importante sottolineare che l'applicazione di queste tecniche deve essere svolta da un professionista qualificato, come uno psicoterapeuta infantile o uno psicologo.

I giochi psicologici

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Per giochi psicologici, in Analisi Transazionale, si intende una sequenza di scambi comunicativi o comportamenti, spesso ripetitivi, che si verificano tra due o più persone, che vanno oltre l’apparente intento comunicativo e coinvolgono aspetti più profondi della personalità. All'apparenza sembra tutto normale, ma, in realtà, si nasconde una dinamica più complessa e che, alla fine, lascia scontenti “tutti i partecipanti” al gioco. La motivazione di questi giochi è nascosta e ha come obiettivo un tornaconto psicologico inconscio (per esempio quello di attirare l’attenzione).

Anche i bambini possono utilizzare i giochi per soddisfare i propri bisogni ed è importante sapere che questi comportamenti non sono necessariamente manipolatori, ma piuttosto una modalità di comunicazione e adattamento al mondo che li circonda.

Alcuni dei giochi psicologici più comuni nell'infanzia includono:

  • Il bambino "angelo": è sempre buono, obbediente e perfetto. Cerca di compiacere gli adulti per evitare conflitti, ma potrebbe nascondere insicurezze o rabbia.
  • Il bambino "diavoletto": è oppositivo, provocatorio e spesso si comporta male. Potrebbe farlo per attirare l'attenzione, sfidare le autorità o esprimere frustrazioni.
  • Il bambino "vittima": tende a lamentarsi, piangere e sembra sempre sfortunato. Potrebbe utilizzare questo ruolo per suscitare compassione o evitare responsabilità.
  • Il bambino "sapientino": è molto intelligente e tende a correggere gli altri o a dimostrare di sapere tutto. Potrebbe farlo per sentirsi superiore o per compensare altre insicurezze.
  • Il bambino "isolato": preferisce stare da solo e sembra indifferente alle interazioni sociali. Potrebbe farlo per timidezza, per proteggersi dal rifiuto o per elaborare esperienze negative.

Perché i bambini usano questi giochi psicologici?

A volte i bambini non hanno le parole per esprimere i loro bisogni o sentimenti e utilizzano questi comportamenti per comunicare indirettamente. A volte cercano di attirare l'attenzione dei genitori o degli adulti di riferimento. Un’attenzione negativa è sempre meglio di non averla. Altre volte vogliono sentirsi importanti e influenzare le decisioni degli altri o difendersi da situazioni che percepiscono come minacciose o dolorose. La cosa importante è non fermarsi alle apparenze e chiedersi sempre il perché di alcuni comportamenti, se questi sono ripetitivi e non portano benessere al bambino e alla vita familiare.

Come affrontare questi comportamenti?

  • Empatia: cerca di comprendere i bisogni e le emozioni sottostanti a questi comportamenti. Una volta comprese sarà più semplice aiutare il bambino soddisfare i propri bisogni e sostenerlo eventualmente nelle normali frustrazioni della vita quotidiana.
  • Comunicazione chiara: parla con il bambino in modo calmo e aperto, spiegando le conseguenze dei suoi comportamenti. Questo lo aiuterà a far leva sulla sua parte razionale, che va stimolata per farla diventare un’alleata nella gestione delle proprie emozioni e nel trovare le strategie giuste per soddisfare i propri bisogni.
  • Limiti chiari e collaborazione: stabilisci regole chiare, positive e coerenti, facendo rispettare le conseguenze. Coinvolgi il bambino nella risoluzione dei problemi.
  • Modellamento: mostra al bambino comportamenti positivi e sani. Dare il buon esempio è sempre una delle migliori strategie educative.
  • Rinforzo positivo: premia i comportamenti positivi, di a tuo figlio che sei orgoglioso di lui quando agisce per il meglio.

È importante ricordare che:

  • Ogni bambino è unico: non tutti i bambini utilizzeranno gli stessi giochi psicologici e le reazioni saranno diverse a seconda della personalità e del contesto.
  • L'aiuto di un professionista: se i comportamenti del bambino sono persistenti e interferiscono con la sua vita quotidiana, potrebbe essere utile consultare un pediatra o uno psicologo.

Il mio approccio terapeutico

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L’approccio terapeutico che utilizzo e che ho approfondito durante la mia specializzazione è quello dell’analisi transazionale (AT), che offre una lente affascinante per osservare e comprendere lo sviluppo della personalità fin dalla tenera età. Secondo questa teoria, la personalità di un bambino si struttura attraverso l'interazione di tre stati dell'Io:

  • Bambino: è la parte più spontanea ed emotiva della personalità, che sperimenta il mondo con curiosità e meraviglia, ma anche con paure e bisogni.
  • Adulto: è la parte razionale, che analizza la realtà e prende decisioni. Nel bambino, si sviluppa gradualmente.
  • Genitore: è la parte che interiorizza le regole, i valori e le modalità relazionali della famiglia. Può manifestarsi come Genitore Critico (giudicante) o come Genitore Affettivo (protettivo).

L’analisi transazionale nell’infanzia è utile per:

  • Comprendere i comportamenti: capire l’origine di alcuni comportamenti che possono essere considerati problematici, strani o incoerenti.
  • Migliorare la comunicazione: favorire una comunicazione più efficace con i bambini e capace di stimolare gli stati dell’io favorevoli al benessere.
  • Favorire lo sviluppo sano: promuovere lo sviluppo di una personalità equilibrata e funzionale nei bambini.

L’analisi transazionale è molto utile anche nel campo dell’educazione, per migliorare la comunicazione e la relazione tra insegnanti e alunni e della consulenza alla genitorialità, per sostenere i genitori nell'educazione dei loro figli.

Homer e la cura del silenzio

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homer simpsonOggi mi sono ritrovata a guardare una puntata del celebre cartone animato “I Simpson”. L’ho sempre trovato un cartone animato per adulti, pieno di battute “adulte”;  chiara parodia della classe media americana; ogni tanto capitano delle puntate alternative, che hanno a mio parere un certo spessore: quelle cioè nelle quali i personaggi escono dal loro stereotipo e imparano qualche cosa di nuovo.

Oggi Homer, in uno dei soliti suoi rocamboleschi incidenti, si è rotto la mascella. Il dott. Hibbert gli ha prescritto una dieta senza cibi solidi e gli ha sistemato il tutto con un supporto che non gli consentiva di parlare in modo comprensibile. Ad Homer si profilava un cambiamento di vita sostanzioso: lontananza dal suo amato cibo e silenzio. La cosa all’inizio lo preoccupa molto e i primi giorni sono durissimi. Cerca persino di infilarsi una bistecca nel naso pur di mangiarla in qualche modo. Tuttavia, il silenzio forzato e una riacquistata leggerezza fisica gli fanno scoprire degli aspetti della sua vita che gli erano del tutti nascosti. Prima dell’incidente non aveva mai provato ad ascoltare la moglie Marge, ne Bart o Lisa. Non si era mai preso il tempo di dare la pappa a Maggie. Era troppo preso da sé stesso. Ora con la sua lavagnetta comincia a scrivere delle domande ai suoi cari solo per ascoltarne i racconti della giornata. Semplicemente domanda e ascolta. Non riesce a ribattere, se non con brevi frasi. Si siede e scopre che la vita in famiglia non è poi così male. Anche i figli e la moglie scoprono un uomo nuovo, più sensibile ed attento e cominciano a cercarlo, a renderlo partecipe. E’ un circolo virtuoso che porterà ad un cambiamento globale di tutto il menàge familiare. Una volta guarito, Homer, riesce a mantenere il cambiamento positivo senza intaccare la nuova tranquillità. Alla fine però, tutto torna come prima: Marge non ne può più della nuova vita noiosa e spinge Homer a tornare l’Homer di sempre, quello che appassiona tutti noi esorcizzando molte delle nostre debolezze.

La prima riflessione che questa puntata de “I Simpson” mi ha suggerito è legata al tema dell’ascolto. In psicologia l’ascolto è una tematica importantissima. Nel caso della psicoterapia rogersiana questo, non è solo la base della relazione, ma una vera e propria tecnica. Carl Rogers, infatti, scoprì, lungo la sua carriera, che più di tutte le tecniche che durante gli studi gli erano state insegnante, l’ascolto attivo era risolutivo. Un problema molto discusso in psicologia è quanto, durante le sedute, sia pesante l’influenza delle credenze, dei valori e del percorso formativo  del terapeuta. In alcuni casi queste portano a dei cambiamenti forzati o non duraturi, inoltre, possono impedire l’aggancio del paziente, il quale quando non si sente accolto si defila. L’ascolto attivo consiste nell’accogliere senza mai giudicare, interrogare o interpretare le parole del paziente. Quello che deve fare lo psicologo, soprattutto all’inizio della terapia, non è altro che rimandare dei messaggi di comprensione e presenza. Solo in questo modo, ritiene Rogers, la persona può far emergere il vero sé, quando cioè si sente accettata e ascoltata in modo incondizionato. Spesso, infatti, durante la propria vita gli individui non vengono accettati per quello che sono e quindi nascondono la loro essenza dietro a maschere che alla lunga portano sofferenza e disagio. Come tecnica psicoterapica l’ascolto attivo potrebbe sembrare deludente, tuttavia ascoltare, aprendo la propria mente all’altro, mantenendo l’attenzione e annullando i propri pregiudizi non è per nulla facile e richiede molto esercizio e disciplina interiore. Homer, in un certo senso, ha fatto quello che Rogers raccomanda a tutti i suoi studenti di psicoterapia: ha cambiato il modo di rapportarsi con gli altri, lasciandolo loro lo spazio di mostrarsi nella loro essenza. La cosa incredibile è che, non solo ha reso più felici le persone che lo circondavano, ma che facendolo non ha rinunciato per nulla a sè stesso, anzi, la vita ha ripreso colore ed è tornata interessante come non mai. Il vero ascolto perciò rimane una delle cose più importanti nelle relazioni umane, ciò che le rende costruttive e soddisfacenti per tutti.

La seconda riflessione riguarda il modo in cui si può imparare ad ascoltare. Nella vita quotidiana molte persone non si sentono ascoltate, ma esse, per prime, spesso sono quelle che non ascoltano. Molte si rendono conto di non saper ascoltare e, anche se si ripetono che devono riuscirci, alla fine non ce la fanno. Durante i miei studi ho avuto modo di apprendere diversi esercizi utili a stimolare questo apprendimento, che, più di una tecnica, è una condizione mentale. Talvolta però mi accorgo che nella vita quotidiana questi sono difficili da applicare e che al di fuori di contesti ben definiti è facile cadere nelle vecchie abitudini. Quando il tempo è sempre poco e le cose da fare molte, le vecchie abitudini sono quelle che emergono e ci guidano. Quello che ha vissuto Homer allora potrebbe venirci in aiuto? Sperimentare un periodo di silenzio, anche solo di una giornata potrebbe farci ritrovare il giusto atteggiamento davanti all’altro e davanti a noi stessi? A mio parere potrebbe essere interessante scoprirlo. Fare esperienza di qualcosa è più utile che studiarlo nei libri perché si fissa nella memoria, non solo psichica ma anche corporea e soprattutto relazionale.

La terza e ultima riflessione riguarda la circolarità del cambiamento. Di come una piccola esperienza, un breve mutamento nei comportamenti di un singolo individuo possa riuscire innescare cambiamenti profondi all’interno di un sistema relazionale intero come quello familiare o, per esempio, quello lavorativo. Ciò mi rincuora perché significa che tutti noi possiamo fare molto per tutti. Noi siamo sempre parte attiva, anche quando sembra che il problema sia altrove. E’ Marge, infatti, che alla fine sceglie di preferire la vecchia routine. Evidentemente era lei che amava certi lati negativi di Homer che erano per lei indispensabili.   

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